### La sorpresa editoriale del momento: “In punta di piedi”, una storia che ti resta addosso
Nel contesto della nostra esistenza, spesso immersi nella frenesia quotidiana, il fine vita è un argomento che tendiamo ad evitare. Questo rende il nuovo libro di Giuseppe Remuzzi, “In punta di piedi” (Solferino, 2025), un’opera coraggiosa e compassionevole. Non è solo una riflessione, ma un invito a confrontarsi con un tema di cui tutti siamo parte, ma pochi hanno la forza di affrontare. L’autore parte da un’affermazione di Desmond Tutu, secondo cui “la vera misura di qualsiasi società può essere trovata nel modo in cui tratta i suoi membri più vulnerabili”. Questa citazione rappresenta il fulcro del ragionamento di Remuzzi, che ci sollecita a considerare la dignità in ogni fase della vita, in particolare quando ci avviciniamo al suo termine.
### Vita e dignità
Una delle tesi centrali di “In punta di piedi” è che la vita, pur essendo sacra, non può essere dissociata dalla morte, che è intrinsecamente parte dell’esistenza. Remuzzi ci guida in una riflessione profonda sul significato della vita e su come possiamo, e dobbiamo, affrontare la propria mortalità. Egli invita i lettori a superare il tabu che circonda la fine dell’esistenza, a vedere la morte non come un nemico, ma come un passaggio naturale che merita rispetto e dignità. Questa visione riconosce che la qualità dell’ultimo tratto della vita è essenziale per garantire una morte serena. La narrazione di Remuzzi non è un’ammissione di resa, ma una celebrazione della vita in tutte le sue forme, un’occasione per rendere gli ultimi momenti non solo sopportabili, ma pieni di senso.
### Le domande che contano
“I perché” che Remuzzi pone nel suo libro sono interpellanti e toccano le fondamenta della nostra concezione di vita e morte. Perché possiamo decidere su ogni aspetto della nostra vita, ma non su quello della nostra morte? Queste domande risuonano potenti, perennemente irrisolte nei dibattiti etici contemporanei. Il rifiuto di terapie salvavita si contrappone a una legislazione che non permette di scegliere di abbandonare trattamenti invasivi. Con chiarezza e coraggio, Remuzzi affronta queste questioni nodali, esplorando le contraddizioni presenti nel nostro sistema di valori e nella legislazione vigente. Non si limita a descrivere questa realtà, ma chiama i lettori a riconoscerla e a interrogarla.
### Limiti della legge
Una critica incisiva che emerge nel libro riguarda le normative sul fine vita. Remuzzi cita il pensiero del giurista Gustavo Zagrebelsky, che evidenzia la distanza tra le leggi generali e la complessità dell’intimità personale. La legge, secondo Remuzzi, non può e non deve ingabbiare l’ultimo tratto della vita in regole universali che trascurano le esigenze individuali e la dignità dei singoli. Egli afferma che, in questi momenti delicati, il dialogo e la comprensione reciproca diventano fondamentali. È in questo spazio di ascolto che possono germogliare la fiducia e le decisioni condivise, un aspetto spesso trascurato nelle attuali pratiche di cura.
### Il ruolo del medico
La figura del medico assume un significato profondo nel contesto delineato da Remuzzi, che sottolinea l’importanza del legame umano tra medico e paziente negli ultimi momenti della vita. L’autore richiama a sé le parole di Michael DeBakey, famoso pioniere della chirurgia cardiovascolare, il quale ha sempre sostenuto che l’autonomia del medico deve essere accompagnata da un’impostazione empatica e umana. Remuzzi propone una visione della medicina che va oltre la mera tecnica, enfatizzando la relazione profonda che deve intercorre tra chi cura e chi è curato. In questo senso, la professionalità del medico deve essere accompagnata da una grande umanità, che riconosca il valore della specificità delle esperienze individuali.
### Una linea sottile
Il confine che separa il rispetto della vita dal rispetto della sofferenza è estremamente sottile. Remuzzi ci conduce lungo questo filo, affrontando il delicato equilibrio tra cura attenta e accanimento terapeutico. La sua narrazione si nutre di esperienze reali, rendendo palpabile il peso delle scelte e le emozioni in gioco. Non c’è spazio per l’estremismo, ma solo per una riflessione lucida, arricchita dalla vasta esperienza clinica dell’autore. Attraverso storie concrete, egli invita il lettore a interrogarsi sulla propria concezione di vita e morte, esplorando i dilemmi che possono emergere nelle situazioni più critiche.
### Paura e consapevolezza
Nel cuore di “In punta di piedi” risuonano pagine intime in cui Remuzzi affronta la paura della morte. La sua scrittura invita a confrontarsi con questo enorme tabù, a riconoscerne la presenza e la realtà. La paura di morire spesso ci porta a negare l’inevitabile, mentre Remuzzi ci esorta a guardare la morte negli occhi, a parlarne senza drammi inutili. Attraverso il suo racconto, egli suggerisce un cammino che porta alla consapevolezza, alla comprensione che è possibile trovare una forma di pace anche negli ultimi istanti. La consapevolezza della mortalità non deve essere oscurata dalla paura, ma deve diventare una leva per una vita più autentica e significativa.
### Una scrittura che accompagna
Lo stile di Giuseppe Remuzzi si distingue per la sua limpidezza e passione. Soprattutto, la sua narrazione è profondamente umana, in grado di unire rigore scientifico e sensibilità narrativa. Rispetto alle sue opere precedenti, “In punta di piedi” emerge come un canto di umanità, capace di avvolgere il lettore in una tela di emozioni e conoscenza. Ogni pagina è una dimostrazione del potere della parola di accompagnare, di guidare verso la riflessione. La scrittura di Remuzzi non è solo uno strumento di comunicazione, ma diventa un mezzo per attraversare le frontiere dell’esperienza umana.
### Un tema universale
Il fine vita è un tema che attraversa le culture e le generazioni, e il libro di Remuzzi lo tratta con grande sensibilità. Riguarda tutti noi, non solo le famiglie, i medici e i legislatori, ma principalmente le persone comuni che si trovano a far fronte a decisioni difficili. In un momento storico in cui l’individualità è esaltata, “In punta di piedi” ci invita a confrontarci con le esperienze altrui, a riconoscere la solidarietà e l’umanità che ci unisce. La proposta di Remuzzi è chiara: abbandonare le ideologie per abbracciare una discussione aperta e matura, che possa condurci verso una maggiore comprensione reciproca e accettazione.
### Perché leggerlo oggi
“In punta di piedi” è un libro di straordinaria importanza per il nostro tempo. Esso solleva domande fondamentali sulla dignità della morte, sulla necessità di una medicina più umana e sull’urgenza di restituire spazio alla libertà individuale nel confronto con la fine della vita. Con rispetto e consapevolezza, Remuzzi ci invita a riflettere su come possiamo affrontare la nostra mortalità e quella dei nostri cari, cercando un cammino che conduca verso una pace possibile anche nell’ultimo tratto dell’esistenza. Questo libro non è solo un’esposizione di pensieri e riflessioni, ma una vera e propria guida, un faro nel buio di un tema spesso temuto e ignorato.
In “In punta di piedi”, Giuseppe Remuzzi ci offre non solo la sua competenza e la sua esperienza, ma anche un’importante opportunità di introspezione e crescita, un invito a camminare insieme sulle orme di una vita che include, con grazia e dignità, anche la sua conclusione.









